Necro(e)logio | Rudolf Virchow, Patologo (1821-1902)

La medicina è una scienza sociale e la politica non è altro che medicina su larga scala.   

Nel 1848 il governo prussiano inviò Rudolf Virchow – professore di anatomia patologica all’Università di Berlino – in Slesia per combattere un’epidemia di tifo nella popolazione polacca.

Egli constatò subito che la vera causa del male era la povertà, le pessime condizioni d’igiene e la presenza di uno stato autoritario e repressivo.
Tra le ipotesi sull’origine dell’epidemia in questa regione, abitata prevalentemente da minatori, si trovava l’ipotesi climatica.Virchow sostenne invece che il clima non avrebbe potuto causare l’epidemia se la popolazione avesse avuto un’alimentazione adeguata e fosse stata meno oppressa.
La terapia proposta prevedeva quindi tre ingredienti principali: “Istruzione con i suoi figli: libertà e prosperità”.

Virchow, dopo tal esperienza, sviluppò la tesi dell’origine multifattoriale delle malattie, sostenendo che erano le condizioni materiali della vita quotidiana delle persone la principale causa di malattia e di morte. Perciò – secondo Virchow – un efficace sistema sanitario non poteva limitarsi a trattare i disturbi clinici dei pazienti, doveva affrontare le radici profonde delle malattie e delle epidemie. Per fare ciò erano necessari cambiamenti sociali, tanto importanti quanto gli interventi medici, forse anche di più, infatti:

Il miglioramento della medicina potrà alla fine prolungare la vita umana, ma il miglioramento delle condizioni sociali può raggiungere questo risultato più in fretta e con maggiore successo.

Virchow – di fronte alla condizione di miseria in cui versava la maggioranza della popolazione – criticava l’indifferenza e l’apatia dei governanti, e nel 1849, quando un’epidemia di colera imperversava a Berlino, così espresse tutta la sua indignazione:

Non è chiaro che la nostra battaglia deve essere sociale? Che il nostro compito non è quello di scrivere le istruzioni per proteggere i consumatori di meloni e di salmoni, di dolci e gelati, cioè la borghesia benestante, ma quello di creare istituzioni che proteggano i poveri, coloro che non possono permettersi pane fresco, carne e caldi vestiti? Potrebbero i ricchi durante l’inverno – davanti alle calde stufe e alle torte di mele – ricordarsi che gli equipaggi delle navi che portano carbone e mele muoiono di colera? È triste costatare che migliaia devono sempre morire in miseria per consentire a poche centinaia di vivere bene.  

Le idee di Virchow influenzarono profondamente la politica tedesca al tempo di Bismarck (vedi riforme dell’assistenza sanitaria e della previdenza attuate tra il 1883 e il 1889), e formarono le basi concettuali dello sviluppo della “medicina sociale” in tutta Europa.

In Italia molti medici seguirono i suoi insegnamenti.
Tullio Rossi Doria, ginecologo, autore di un volume dal titolo “Medicina sociale e socialismo”, così scriveva all’inizio del ‘900:

Come si può credere di poter riuscire a redimere il nostro paese dal triplice flagello (malaria, pellagra, tubercolosi, ndr), quando queste tre malattie hanno tutte la loro causa nella miseria, se non si combatte questa di fronte? […] Ed è con gli anemici progetti di riforme presentati paurosamente, timidamente difesi, badando a non ledere alcun interesse, a non urtare nessuna suscettibilità, a non fare rumore, a scivolare quietamente nell’addormentato campo nemico che voi credete di giungere alla vittoria?”.

Tratto da SaluteInternazionale.info


Gavino Maciocco MBL’autore.
Gavino Maciocco
è un medico di sanità pubblica. Ha fatto: il volontario civile in Africa, il medico di famiglia, l’esperto di cooperazione sanitaria per il Ministero degli Esteri, il dirigente di Asl. Attualmente insegna all’università di Firenze, dove si occupa di cure primarie e di sistemi sanitari internazionali. E’ direttore del sito web www.saluteinternazionale.info

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