Necro(e)logio | Oliver Sacks, neuropsichiatra (1933-2015)

Lo scorso 30 agosto è morto nella sua casa di Manhattan il Dottor Oliver Sacks.

Scrittore e medico. Forse scrittore proprio perché medico.

Da ammiratore dei clinici narratori dell’800 quale era, Sacks sosteneva infatti che la medicina avrebbe dovuto riscoprire la capacità di raccontare i casi clinici e di renderli parte integrante della scienza medica.

Di questa lezione, il neurologo americano ha fatto la sua scuola.

La sua eredità si compone di libri e di film tratti dai suoi libri. Film e  libri che illuminano i profondi abissi di quello che è forse il lato più oscuro della patologia (e fisiologia) umana: la neuro-psichiatria.

Penso spesso alle pagine di Sacks, e non tanto per gli interessanti e bizzarri mondi che sa abilmente descrivere, quanto per il suo approccio alla persona ancor prima che alla malattia.

Ogni tanto rifletto su come sarà la medicina del futuro e mi viene da pensare che possediamo tutte le capacità tecnologiche per creare un cyber medico; una specie di super motore di ricerca in grado di elaborare dati e informazioni per formulare diagnosi e schemi terapeutici in maniera più efficace di quanto non possa fare il nostro cervello.

Cosa ci rende dunque clinici migliori di un complicato, ma in fondo banale, aggregato di microchip?

La risposta l’ho trovata in un racconto di Sacks: “Ray dai mille tic”, tratto dal romanzo “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” (O.Sacks, ed. it. Milano, Adelphi, 2001; ed. or. 1985).

Ray era un ragazzo di 24 anni, affetto da Sindrome di Tourette.

Pur essendo vittima di una forma molto grave di malattia, Ray era riuscito a condurre una vita tutto sommato accettabile. Anzi, gli spasmi improvvisi avevano contribuito a dare originalità e brio alla sua più grande passione: la batteria.

Ciononostante, i tic violenti e le volgarità che uscivano senza controllo dalla sua bocca stavano rendendo difficile la sua vita lavorativa e matrimoniale. Per questo motivo Ray decise di rivolgersi ad un neurologo.

Il Dottor Sacks non aveva avuto molta esperienza con pazienti tourettici, ma sapeva che la causa principale dei disturbi era un eccesso di dopamina circolante. Fatta la diagnosi, non fu complicato scegliere il farmaco più adatto: l’aloperidolo, un antidopaminergico molto efficace.

Passati tre mesi dall’inizio della terapia, Ray tornò a far visita al suo neurologo e il ragazzo che il Dottor Sacks si trovò di fronte era tutto quello che un medico potrebbe definire “un paziente in via di guarigione” .

I tic erano decisamente migliorati e anche il turpiloquio di cui cadeva troppo spesso vittima era finalmente tenuto a bada; ma allora come spiegarsi quel senso di rabbia e infelicità che il medico intravedeva sul volto del suo paziente?!

A spiegarlo è lo stesso Ray.

La terapia, se da un lato aveva addomesticato gli aspetti sconvenienti del suo disturbo, dall’altro aveva smorzato anche la vivacità del suo carattere e le battute di spirito che lo avevano reso famoso tra gli amici sembravano oramai un ricordo del passato.

Ma la cosa che più lo mortificava era di aver perso quella luce che lo rendeva un musicista fantasioso e imprevedibile. La terapia lo aveva trasformato semplicemente in un “ buon batterista”.

Sacks capì così di aver fallito nonostante avesse curato nel miglior modo il suo paziente.

I due parlarono molto di quello che era capitato e di come risolvere il problema senza necessariamente dover riportare Ray allo stadio pre cura, e la soluzione che insieme concordarono è la riposta che mi do quando mi chiedo cosa ci distingua da un buon calcolatore.

I due decisero infatti di personalizzare la terapia in modo che Ray assumesse l’aloperidolo solo durante i 5 giorni lavorativi della settimana, così da poter  mantenere sul posto di lavoro la giusta tranquillità e sobrietà. Il fine settimana invece Ray sospendeva la terapia e tornava ad essere quello di sempre, il “Ray dai mille tic”: frivolo, frenetico, ispirato, ma in fondo l’unico Ray in cui davvero riuscisse ad identificarsi, perché, come egli stesso sostiene nel racconto, “cosa rimarrebbe se lei (dottore) riuscisse a togliere i tic? Di me non rimarrebbe nulla, poiché Io sono fatto di tic”.

FrablogL’autore
Francesco Magnante
 è un (quasi non più, ma ancora per un po’) giovane medico di medicina generale… in 
attesa
Per il suo stile stringato, ma intenso, viene detto dai suoi collaboratori “bugiardino”.

 

 

 

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